Bio

giovedì 29 dicembre 2011

Addio a Cita, ha vissuto più di Tarzan - Dal Giornale, oggi in prima pagina.

Dal Giornale di oggi, il mio saluto... a una inimitabile star.



Tarzan ha perso la sua migliore amica. O, chissà, l'ha ritrovata in un mondo migliore.
Si è spento il 24 dicembre scorso, presso il Suncoast Primate Sanctuary di Palm Harlbor, lo scimpanzé Jiggs Juniour, interprete della leggendaria Cita, l'inseparabile scimmietta dell'uomo che sfrecciava nella giungla a bordo di filanti liane. Tarzan, appunto, per il suo pubblico eterno.


Erano gli anni '30: l'attore protagonista era Johnny Weissmuller, scultoreo campione olimpico che sarebbe passato alla storia per un urlo che neanche un gorilla purosangue, l'amore per la graziosa Jane, e infine (o soprattutto) questa scimmietta che fu una prerogativa del film: un personaggio che nelle avventure letterarie di Tarzan non era mai esistito.
Un esemplare straordinario, il mitico Jiggs Junior, non solo per la carriera sul grande schermo. La sua longevità - si è spento all'età di ottanta anni per una insufficienza renale, ma la media per uno scimpanzé non supera i quaranta - è un record assoluto. Ma anche la sua personalità viene raccontata come quella di un animale speciale. Una scimmietta socievole e curiosa, o perlomeno, con una eterna voglia di far sorridere. «Chissà che non fosse una reminiscenza di quando divertiva la gente, interpretando la buffa spalla di Tarzan» ha commentato Debbie Cobb, la direttrice del parco in cui Jiggs ha vissuto e si è spento.
Le piaceva dipingere coi polpastrelli delle dita, e seguire le partite di calcio; non si faceva mancare neppure la musica, e aveva una spiccata preferenza per i brani religiosi. Ma se nutriva antipatia epidermica per qualcuno, non esitava a lanciargli addosso il primo oggetto che aveva nei paraggi. Una star dal carattere solare, ma che dell'attore popolare aveva, evidentemente, anche i vezzi più viscerali.
In molti si erano spacciati per lui, in particolare una sosia californiana che veniva chiamata proprio così, «Cheetah», e della quale si raccontava che fosse stata lei a rimbalzare tra le braccia di Weissmuller: un impostore, una bufala smascherata da una ricerca biografica nel giro di poco tempo.
La vera Cita, il vero Jigg Junior, era lì, in Florida: a lottare stoicamente contro il tempo mentre il resto del mondo evolveva, gli interpreti (quelli umani) del film ci lasciavano, e i remake e le parodie internazionali rinverdivano la sua icona.
Quasi contemporaneo alla serie di romanzi, nati dalla penna di Edgar Rice Burroughs, il successo del film culminò nel 1934, e sancì per la scimmietta una popolarità pari a quella di Rin Tin Tin, Rex, la soffice Lassie, e il celebre pappagallo Fred della serie americana «Baretta», altro campione di longevità deceduto a settant' anni. Meno fortunato, e soprattutto meno avvezzo alle telecamere di tutti questi fratelli animali era stato il delfino Flipper della prima serie televisiva degli anni '60: si chiamava Cathy, era una femmina selvatica e sovrana del mare aperto, così intollerante alla cattività della vasca, così noncurante della celebrità, da lasciarsi morire sua sponte.
Cita però aveva qualcosa di speciale e ci lascia nel segno del sorriso. Appena nel 2006, la stampa aveva riportato sotto i riflettori la vera vita di Jiggs Junior, che compiva settantaquattro anni e si aggiudicava il Guinness mondiale tra gli scimpanzé per la sua veneranda età: esuberante come sempre, ma malato di diabete e quindi intento a gustare una torta rigorosamente senza zucchero.
E nel suo genere, in fondo, non ha mai avuto rivali, tanto da ispirare persino una caricatura tutta italiana.Sì perché, alla domanda della celebre Mariangela Fantozzi (alias Plinio Fernando): «Papà chi era Cita?», la risposta di Paolo Villaggio era stata lapidaria e indimenticabile: «Beh, Cita Hayworth, una bellissima attrice americana. Ma io ti assicuro che tu sei più bella di lei. Forse».

mercoledì 14 dicembre 2011

"Facebook ergo sum", la fiera della vanità al tempo di internet.


La fiera della vanità oggi ha un nome, ed è il nome più popolare e cliccato del web. Comincia con la "F" e finisce con la "K". Sono molto felice di aver dato un contributo, quantomai ispirato, al sito ufficiale dell'Istituto di Psicologia e Psicoterapia Strategica.

Si chiama, il mio articolo, Facebook ergo sum. E questo è il link del testo integrale:

http://www.ipps.it/news_strategica.aspx?IdSezione=4&IdPagina=12&referrer=12&IdNews=41&IdRubrica=8

giovedì 8 dicembre 2011

Micio Tommasino: l'aristogatto italiano.

Dal Giornale di oggi. "La favola di micio Tommasino da randagio a supermilionario."

Se fosse una fiaba, o un cartone animato, avrebbe un precedente ne «Gli Aristogatti». Lì, nel cuore di Parigi, un'anziana e raffinatissima Madame dettava al suo avvocato un testamento milionario affidando il suo patrimonio al manipolo di mici e micetti che tanto amava.

Questa invece è una storia vera, e ha preso corpo, corpo di gatto, a Roma. La signora Maria Assunta aveva 94 anni, era originaria di Potenza, ma viveva nella capitale da qualche decennio. Il suo testamento olografo, nel 2009, rinserrava le proprietà e gli agi di una lunga vita: svariati beni immobiliari, inclusa una villa all'Olgiata, due appartamenti a Roma e Milano e un patrimonio mobiliare di tutto rispetto. La signora Maria Assunta, difatti, era titolare di vari conti correnti presso l'Unicredit Banca e il Monte di Paschi di Siena. Ma, come la Madame disneyana, è stata molto chiara e originale nella destinazione di tutta la sua eredità: il suo amato gatto, Tommaso detto Tommasino sarebbe diventato l'unico proprietario delle sue fortune. Per un valore complessivo di 10 milioni di euro.
Tommasino che, a dirla tutta, pare abbia trascorso una parte della sua vita razzolando per le strade della città tra un bidone e l'altro dell'immondizia. Un trovatello: il randagio più invidiato del Paese. Non gli mancheranno dei tutori - rigorosamente bipedi - nell'amministrazione di tanti beni mobili e immobili: la sua padrona ha infatti nominato degli esecutori testamentari. Si occuperanno di lui gli avvocati Marco Angelozzi, Anna Orecchioni e Giacinto Canzona; nel testamento, si istituisce un legato a favore della persona (fisica o giuridica, oppure dell'associazione animalista eventualmente scelta dagli esecutori testamentari) chiamata a occuparsi con dedizione del gatto. Ma certamente, anche, a ereditare questi 10 milioni di euro sparsi tra titoli e belle case: con l'obbligo categorico di utilizzarli, anche quando Tommasino sarà passato a miglior vita, per la cura degli animali abbandonati.
Nell'ultimo anno, gli esecutori testamentari avevano quindi passato in rassegna infinite richieste di candidati alla mansione di «erede ab legato», ovvero di curatore del prestigioso e ghiotto patrimonio, sì, ma con un incarico ben preciso. La fortunata? La signora Stefania, 48 anni, romana e infermiera. Stefania si è presa cura dell'anziana Maria Assunta fino al suo ultimo giorno e, come lei, ha a cuore le sorti dei randagi.
Tempi migliori, insomma, si profilano per i reietti a quattro zampe del nostro Paese, a cui, in qualche misura, sono stati affidati milioni di euro e tutta l'eredità affettiva della defunta Maria Assunta. Eppure non è certo il primo caso in cui, sulla testa di un amico animale, piove un patrimonio così ingente. Una montatura, quella del famoso cane Gunther, che secondo le cronache di molti anni fa, aveva ereditato la sterminata fortuna della contessa Karlotta Liebenstein: un racconto utile solo in Italia per fare pubblicità alla Gunther Foundation, fondazione che avrebbe acquistato, nel nostro Paese, società di nuoto, pallavolo e calcio femminile. E, nel 2009, la Gunther Reform Holding ha affiancato Renato Soru nell'acquisto del 20% persino del quotidiano l'Unità.
Quella di Tommasino è una storia simile a quella di Kalu, scimpanzè che ereditò 74 milioni di euro da un nuotatore (con lo zampino di sua moglie nel testamento, mentre il ricco atleta stava misurandosi nelle gare di Sydney), e a quella del cane Gigoo, inglese, che incassò 14 milioni di euro dall'editore Miles Blackwell.
Le quote di Tommasino sono alte, e certo erano imprevedibili. Ma il suo è il destino più romantico e antico del mondo: quello di un negletto che, a zonzo tra i rifiuti, con il solo obiettivo di sbarcare il lunario, trova un fagotto pieno d'amore. Un vero tesoro di gattino.

Nel Medio Oriente in crisi si scia low cost.

Dal Giornale di oggi.

Sinuosa, alta, tenera, riluce nell'umore natalizio e, in alcune parti del mondo, è un elemento esotico: ha gli stessi anni del mondo e, come il mondo, si adegua alle nuove tendenze.

La neve, quest'inverno, offre qualche novità ai suoi appassionati: specialmente se sportivi. E' un clima di occhio alla spesa, quello dello «sci low cost»: nuova frontiera degli sciatori avvezzi alle alte quote ma che invece, se si tratta di quote da spendere, preferiscono le vette a portata di tasca. Dal Marocco al Libano, perfino all'Iran. Anche se da queste parti le cose non filano via lisce come gli sci. Da mete turististiche predilette a teatro di rivoluzioni epocali, capaci di rovesciare regimi in carica da decenni o di portare al governo esponenti islamici prima banditi per legge, molti Paesi attraversati dalla primavera araba si trovano a fare i conti con un netto calo della presenza dei turisti stranieri. Sono la Tunisia, che teme per il il 7% del suo Pil, l'Egitto, che rischia investimenti nel settore pari a 33,3 miliardi di dollari, lo stesso Marocco. A guadagnare pare solo la Turchia che ha registrato un vero exploit di visitatori nel 2011, con un incremento del 26%.
Eppure, anche con i venti che tirano, il Medioriente si caratterizza per un ventaglio di mete interessanti nelle quali dedicarsi allo sci, ma contenendo il budget. Agli irriducibili dello sci che iniziano a soffrire i prezzi delle Alpi, si apre quindi un'alternativa in luoghi come il monte Oukaimeden (3528 metri d'ebbrezza glaciale); oppure la possibilità di risalire in vetta con seggiovia a Dizin, il resort più famoso dell'Iran.
Sono avvertiti, gli sciatori in trasferta, che non troveranno impianti paragonabili con quelli dell'arco alpino: le piste, in Medioriente, sono più brevi e poco battute. L'organizzazione? Si può far di meglio. Ma - è la voce dei turisti - i paesaggi innevati dell'Iran hanno poco da invidiare a quelli delle Alpi: il più grande centro sciistico iraniano (Dizin, appunto), o Shemshak, offrono altezze e vallate che invogliano un numero sempre crescente di clienti internazionali.
Piccola - si fa per dire - controindicazione, è che gli itinerari iraniani sono consentiti solo agli sciatori di sesso maschile. A meno che le signore non siano accompagnate in pista da un «ghayem»: un marito o un uomo che faccia parte della famiglia. Eppure, le donne più emancipate osservano che molto difficilmente i membri della polizia religiosa salirebbero fino a duemila metri per applicare i controlli.
Per il suo grappolo di località sciistiche, invece, il Libano è stato ribattezzato «Svizzera del Medioriente». Più in dettaglio, Cedars, Faqra e Laqlouk sono le mete cult degli appassionati di sci dagli anni Cinquanta: la prerogativa vincente di questi luoghi è una posizione strategica tra i monti e il mare. La chance di intraprendere lo sci sulla neve tanto quanto lo sci nautico, sulle masse azzurre d'Oriente.
Una specialità libanese, lo sci sulla neve, dal 1913, quando l'ingegnere svizzero Ramez Gazzoui si affacciò sulle piste del Libano contagiando gli indigeni, che negli anni Quaranta avrebbero indetto le prime gare. Il Libano conta 46 piste, estese su un manto nevoso di 30 chilometri che non dista più d'un'ora da Beirut.
E il Marocco? Ospita la vetta più alta dell'Africa, il resort Oukaimeden, attraverso i monti Atlas. Sulla strada, naturalmente, la ristorazione e i servizi di cui un turista non può fare a meno: ma con appena 10 euro abbondanti qui è possibile noleggiare un paio di sci.
Un'ora di lezione? Circa 5 euro. Ma per i fan di «come l'ha fatta la mamma», la neve è un'attrattiva irrinunciabile: in tempo di crisi, perch´ no, fino all'Oriente. Alla faccia della Primavera...